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Parkinson&Sport

IL MOMENTO DELLA VERITA’

C’è un momento in cui devi fare i conti non solo con la fatica, ma anche con un’altra cosa: la verità di quello che sei e stai facendo. Questo momento è venuto. 

La domanda è: sei pronto a dare il meglio di te sempre, vuoi sentirti veramente speciale?

Dall’ultimo triathlon ho fatto due traversate, del lago d’Iseo e dello stretto di Messina, ma non le ho ancora raccontate.

Da un po’ non sto scrivendo sul blog e sui social di allenamenti e e gare. Ci ho provato, certo, mi sono messo lì, picchiando sui tasti, ma poi rileggevo, e non mi piaceva mai.

Quindi, a un certo punto mi sono chiesto il perché.

 

Cosa mi è successo? 

Non ho la stoffa dello scrittore, lo so bene, ma ce la metto tutta.

Quando devo iniziare un racconto, visualizzo, cerco angolazioni diverse, e quando trovo quella giusta scrivo di getto.

Non mi preoccupo troppo della forma, tanto prima di pubblicare mando al mio fratellone che dà una ripulita, e fino a oggi la cosa ha funzionato, i pezzi mi piacevano. Ma da luglio in avanti, la difficoltà di scrivere è cresciuta, è diventata un disagio che mi ha bloccato.

 

Oggi ho capito.

Correvo, a metà circa dei 16 km del programma ho iniziato a registrare un video che avrei postato sui social. Invitava a combattere la pigrizia e la ‘scusite’ che ci fanno rinunciare all’allenamento o a rimandarlo.

E proprio mentre lo incidevo, una vocina mi stava dicendo ‘dai, Stefano, hai fatto già 100 km in bicicletta ieri, sei stanco, oggi arrivi a metà, poi vai a casa’. Il ritorno a casa, la doccia e il pranzo erano diventati l’obiettivo.

Ma mi è venuta una sensazione fastidiosa, una specie di nausea.

 

Stavo pubblicando un video per spronare gli altri a non mollare, e stavo mollando io.

Quello era mentire, a me stesso, alle persone che mi seguono, mi danno centinaia di like e prendono spunto da ciò che pubblico per motivarsi a mettersi in movimento.

In quel momento ho capito: ecco perché non riuscivo più a scrivere.

Non mi sentivo autentico.

 

Nell’ultimo mese avevo preso troppe scuse, mi ero fatto ogni genere di sconto, la stanchezza , le difficoltà date dalla malattia, gli insuccessi patiti in un paio di occasioni.

Anche gli eventi più belli ed emozionanti dell’anno, le due traversate fatte con Cecilia Ferrari,  vissute con lei fianco a fianco, nuotando ed arrivando insieme, in fondo non avevano richiesto tutte le mie energie, non mi avevano messo alla prova, non stavo dando il meglio di me già da un po’.

 

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E’ stata come una scossa.

Ho subito cambiato strada, invece di avvicinarmi a casa mi sono allontanato, ho affrontato la fatica, ho rallentato il ritmo, ho sofferto sotto il sole delle 13, ho anche camminato per alcuni tratti, ma alla fine ho concluso i 16 km. del programma. Stanco, ma felice. E di nuovo in pace con me stesso.

 

Rendere pubblici i propri obiettivi 

è un buon modo per motivarsi a raggiungerli: nei momenti in cui stai per rinunciare devi fare i conti non solo con te stesso allo specchio, dove vedi un perdente, ma anche con l’immagine di te che hai reso alle persone che credono in te. Ecco è il punto.

Capito questo, posso ripartire, a scrivere, ad allenarmi per le prossime sfide.

Con il cuore leggero.

Voglio lavorare per ottenere la miglior prestazione dell’anno nel triathlon olimpico di Cervia.

 

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Voglio allenarmi per pedalare in staffetta con Roberto Nelli, paziente Parkinson, ed Ersilio Ambrosini, che dopo un’odissea di operazioni e trattamenti per un osteosarcoma da quando ha vent’anni, pedala, praticamente con una gamba sola, nella 12 ore di Monza organizzata da Follow Your Passion.

 

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Voglio arrivare preparato e carico all’appuntamento di novembre con la maratona di New York, la più importante del mondo, che non ho mai corso.

 

La rinuncia e le scuse non portano da nessuna parte.

Non smetterò mai di dirlo a me stesso. Nello sport, e nella vita. Non mi fermerai, perché io non mi fermerò.

 

Perché NOI non ci fermeremo.

Comments
  • Katiuscia
    Agosto 9, 2019

    Una importante lezione di vita: quando qualcosa va storto, tanti di noi si attaccano ad un fantomatico destino, attribuiscono ad altri responsabilità proprie, si nascondono sotto la sabbia. Via la maschera della paura, vestiamo i panni dell’autore del proprio destino, indossiamo l’efficacia delle nostre azioni e via, dritto alla meta. Grazie, Stefano

    reply
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