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Parkinson&Sport

Corpo, anima e cervello. Lo sport per chiudere la porta al PARKINSON!

Di Stefano Ghidotti

 

La mia prima gara come Paratriathleta, era stata quella del Campionato Italiano di Paratriathlon di Marina di Massa del 2022, che racconto anche qui, alla quale avevo potuto partecipare in seguito alla visita di classificazione, che racconto qui.

Dopo quell’appuntamento, nella tappa di Civitanova Marche, in gara eravamo in cinque paratriathleti con la malattia di Parkinson. Tra tutti gli atleti dell’allegro carrozzone del Paratriathlon, gli unici in rappresentanza di una stessa squadra, con la stessa patologia ed anche con un gazebo d’accoglienza, eravamo noi Parkinsonauti.

Ci ho pensato più volte durante il weekend di Loano. Guardando il gazebo vuoto mi sono passati per la mente tanti pensieri, momenti, parole, visi, emozioni che non dimenticherò e che oggi mi mancano, tanto.

Anche il mio amico e fido scudiero, Roberto Russo, che mi ha accompagnato in tante avventure, la settimana prima della gara mi comunicava che un impegno improvviso gli impediva di essere con me, come promesso.

Fortunatamente gli amici non finiscono mai, e chiamato in emergenza, veniva in mio soccorso un altro mio grande amico, triathleta, non affetto da Parkinson, Marco Lorenzi.

L’anno scorso, nella stessa manifestazione, anche lui gareggiava. Purtroppo quest’anno vittima di un investimento mentre si allenava in bici, convalescente per una frattura al polso, ha dovuto limitarsi a nuotare, prendere un po’ di sole e seguirmi durante la gara.

Qui trovate il racconto della gara dello scorso anno, che per una serie di ragioni non avevo mai pubblicato.

Sono al terzo anno di gare, il circuito di Paratriathlon si svolge in varie località italiane e il gruppo degli atleti si sposta di conseguenza, qui potete leggere tutte le classifiche dell’appuntamento di Loano della settimana scorsa.

Come nella passata edizione, lo splendido scenario della Marina di Loano, anche quest’anno ha ospitato il Campionato Italiano di Paratriathlon, 39 gli atleti al via della gara di domenica mattina che si è svolta nel porto turistico ligure, dopo le giovanili del sabato e prima della terza edizione dei Campionati Nazionali Universitari.

Il percorso, che ha assegnato le maglie tricolori di specialità, prevedeva 750 m. di nuoto iniziali, 19,5 km di ciclismo su un circuito di 5 giri cittadini e 3 giri finali di corsa per un totale di 5 km sul lungomare cittadino.

L’arrivo al campo gara

Con Marco, memore dell’esperienza dello scorso anno, siamo arrivati nell’orario corretto per poter entrare in macchina in zona gara e scaricare tutto il materiale per montare il gazebo.

Prima di iniziare il montaggio, visto l’orario e la fame, ci deliziamo subito con una porzione di trofie al pesto che anche quest’anno gli alpini stanno offrendo agli atleti, poi un caffè e al lavoro.

Il pomeriggio scorre facendo video ai giovanissimi atleti, dai 6 fino ai 16 anni, che si sono sfidati su distanze diverse del triathlon, veramente emozionanti e fantastici da vedere.

I giovani atleti in gara.

La sveglia e il pre-gara

La sveglia biologica, che come ogni giorno suona intorno alle 06.00, mi ha permesso, una volta assunta la prima dose della terapia, di godere di una mezz’ora di pace e meditazione, seduto su una panchina del lungo mare, davanti ad una splendida alba.

Dopodiche ho fatto i miei esercizi di respirazione con Airofit.

Sto bene e sono molto carico, alle 7,10 mi dirigo a fare colazione, non prima di aver fatto un veloce giro in bici in zona gara, per capire dove potrò mettere la macchina.

Fatta colazione, che per una gara così non è necessario sia abbondante ma solo adeguata alle vostre abitudini e sufficientemente lontana dall’orario di partenza, dedico tutto il tempo necessario alla preparazione dello zaino con il materiale per la gara.

Operazione questa, delicata e fondamentale, per non trovarsi all’ultimo momento senza qualcosa di fondamentale tipo: porta pettorale, chip per il cronometraggio, occhialini da nuoto, occhiali e casco per la bici, gel o altro.

Bene, sono circa le otto e sono pronto! Carico le borse in macchina e vado verso la zona gara, parcheggio, apro il gazebo preparo le magliette e comincio ad armeggiare con computer e telefonino.

C’è ancora poca gente in giro, questa mattina dovrei ricevere la visita di un paio di amici Parkinsonauti, che sulla chat di WhatsApp mi hanno annunciato che sarebbero passati a trovarmi, purtroppo non vedrò arrivare nessuno.

In realtà nella gara Sprint che si svolgerà dopo la nostra, ci sarà un atleta con il Parkinson, che però non ha ancora deciso di classificarsi come paratriatleta e tantomeno di comunicare al mondo della sua malattia.

Faccio una telefonata a Marco per sapere a che punto è, rifaccio un check di tutto il materiale, mi carico lo zaino e vado.

Ho ripetuto mentalmente tutti i passaggi e le operazioni che dovrò fare in gara, sono pronto.

Si chiama allenamento ideomotorio, nella nostra testa, possiamo ripercorre un film già vissuto, che, quando completo di particolari e sensazioni, risulta essere come un’esperienza reale. Credo sia intuibile quali e quanti possono essere i vantaggi di questa pratica di preparazione alla gara.

La gara

Ci siamo, ecco Gianluca Cacciamano, il responsabile Fitri per il Paratriathlon, pronto per il briefing pregara, dove verranno date indicazioni e chiarimenti a dubbi vari rispetto al percorso, ai giri da fare, all’entrata e uscita della zona cambio etc…

Prima della partenza dedichiamo un minuto di raccoglimento all’amico paratriathleta Rosario, che è mancato da pochi giorni.

Il mare è nelle migliori condizioni, l’acqua non è molto fredda, nonostante il periodo perturbato che si sta prolungando da settimane. Faccio qualche bracciata per scaldare i muscoli, controllo la posizione delle boe, verifico che negli occhialini non entri l’acqua e poi mi preparo sulla linea di partenza.

Respiro consapevolmente per abbassare la tensione, ossigenare cervello e muscoli intanto che saltello in attesa del via.

Nuoto

3-2-1 via faccio qualche passo fino che l’acqua mi arriva all’ombelico e poi mi tuffo sul lato destro del gruppo cercando acqua libera dove nuotare.

Rivedendomi nel video noto che il mio tuffo non è propriamente l’immagine della potenza e dell’eleganza, è piuttosto un tuffo da triatlheta anzianotto.

Dopo una prima fase a ritmo deciso per trovare il mio spazio gara, controllo la direzione verso la prima boa, ristabilisco ritmo e respirazione che so di poter tenere.

Nel Paratriathlon siamo in tutto una quarantina, partendo scaglionati è veramente difficile trovarsi nel traffico a contendersi lo spazio in acqua a bracciate, sberle e calci, come succede nelle gare aperte a tutti.

Nel 15 minuti circa di nuoto, mi sono trovato a nuotare per qualche decina di metri in scia di un atleta, in tutto sono stato superato da altri due e ne ho superati tre.

Direi che lo stress da confronto o da sovraffollamento non sono certamente tra i fattori determinanti della mia prestazione in questa gara. È comunque molto importante continuare a esercitare un attento controllo mentale sulla respirazione e sulla tecnica di nuoto.

Impostare un ritmo troppo alto per resistere ad un sorpasso, o per farne uno velocemente, può comportare affanno e difficoltà di controllo della respirazione, nonché la perdita di ritmo e coordinazione, a discapito di galleggiabilità e scivolamento, fattori che oltre alla spinta di gambe e braccia, determinano la velocità.

Eccomi alle ultime bracciate, raggiungo un’atleta che voglio superare e termino accelerando, quando esco dall’acqua ho il respiro corto, inoltre nei primi passi, che faccio con calma ed attenzione, mi concentro per ritrovare equilibrio e propriocezione, che tra la posizione supina di galleggiamento e quella eretta ci mette qualche metro per tornare in bolla.

1° transizione

Corricchio verso la zona cambio, apro la muta e respiro profondamente per abbassare il battito cardiaco.

Mentre la spoglio, mi stabilizzo appoggiando la fronte alla rastrelliera porta bicicletta, mi siedo per infilare calzini e scarpe da bici, poi mi alzo, infilo il pettorale, il casco e gli occhiali, prendo la bici e corro verso l’uscita della zona cambio.

La bicicletta

Inizio a pedalare che ho ancora il ritmo respiratorio troppo alto, dopo le prime pedalate di lancio, in leggera salita, ci sono due rotonde distanti 100 metri, che affronto con attenzione.

Ho le mani bagnate e non vorrei perdere la presa del manubrio. Appena comincia il rettilineo vorrei bere, ma più avanti c’è un dosso, che voglio superare prima di staccare la mano per prendere la borraccia.

Il cuore sta pompando con un ritmo intorno ai 155 bpm, sento il bisogno di abbassarlo un po’, controllo il respiro e alleggerisco la pedalata. Prima del primo tratto di pavè da percorrere 5 volte, che ci aspetta in centro città, arrivo a 150 bpm, per ora va bene cosi.

Nel tratto in centro, come successo anche lo scorso anno, mi sento a mio agio e spingo affrontando curve e contro curve come un pilota di Formula 1, il cuore risale leggermente fino a 152 bpm.

Torno verso il primo giro di boa rallentando per riabbassare il battito, continuo così per un paio di giri dove mi sorpassano due concorrenti e i tandem, sia equipaggio uomini che donne.

Verso la fine del secondo giro, mi sorpassa anche una concorrente che va molto veloce, faccio una verifica del livello di fatica e del battito cardiaco e inizialmente decido di lasciarla andare, poi ci ripenso e aumento la potenza per tenere il suo ritmo, sempre rimanendo a distanza come da regolamento, essendo un campionato è vietata la scia.

Faccio il quarto giro e metà del quinto mantenendo il suo ritmo. Il battito viaggia intorno ai 152 bpm. Poi entrando nel tratto misto, quello con pavé e curve, mi avvicino a lei al punto che decido di superarla per dare tutto nell’ultimo chilometro e mezzo.

Ecco l’ultima rotonda, questa volta non faccio il giro di boa ma vado verso la zona cambio. Percorro il piccolo tratto di discesa e, sganciato le scarpe dai pedali, scendo dalla bici. La spingo per i 20 metri che mi separano dalla mia postazione.

2° transizione

La appendo alla rastrelliera, sfilo il casco, mi siedo, sgancio e tolgo le scarpe da bici, infilo, non senza difficoltà, quelle da corsa mentre una giudice mi guarda e mi incita. Indosso la visiera, giro il pettorale da dietro a davanti, prendo un altro gel accompagnandolo con due sorsate d’ acqua e sono pronto a ripartire.

La corsa

La salitina di 50 metri subito in partenza è odiosa, già le gambe nel cambio di movimento risultano dure e legnose, la pendenza non aiuta.

Dai Stefano, spingi!! Sento Marco che mi incita e ci aggiungo anche il mio incitamento, dai forza l’ultimo sforzo. Alla fine di questa prima parte, lunga circa 500 m. che collega la zona cambio al circuito di Corsa, mi aspettano tre giri da 1,5 km.

La temperatura è buona, al primo passaggio al rifornimento di acqua non prendo niente, sono concentrato sul movimento delle gambe, che poco alla volta iniziano a girare meglio.

Durante i cinque giri in bicicletta ho tenuto d’occhio Luca Lunghi, che ritengo essere l’avversario di riferimento per le mie speranze di podio di categoria, più o meno la distanza è rimasta sempre quella, forse ho guadagnato qualcosa.

Completato il primo giro, comincio anche qui a cercare, nei punti del percorso in cui vedo la corsia opposta, la figura di Luca che, essendo alto oltre 1,90 con il body da gara colore nero, è inconfondibile.

Nel frattempo, come riferimento, prendo un atleta, che corre circa 200 m. davanti a me, alto e spallato , su cui mi sembra di guadagnare terreno.

Corro bene, tengo il controllo del cervello che vorrebbe farmi fare qualche passo camminando, rispondo alle sue sollecitazioni stabilendo una regola, camminerò solo durante il rifornimento, per bere e bagnarmi.

Alla Fine del secondo giro raggiungo e sorpasso il ragazzone spallato che avevo preso come riferimento, si chiama Silvio Sicurani.

Lo incontro nel dopo gara e qui, durante una bella chiacchierata mentre mangiamo insieme le immancabili trofie nel nostro gazebo, mi racconta di avere una malattia autoimmune molto rara, dal nome impronunciabile e impossibile da ricordare, che dalla nascita poco alla volta gli sta togliendo muscoli, forza e coordinazione.

Un ragazzo dalle grandi risorse umane, oltre che fisico atletiche, che consapevole delle sue difficoltà e della possibile evoluzione della sua malattia, dice di essere felice anche grazie agli ostacoli che la vita gli ha posto di fronte, senza i quali probabilmente non si sarebbe mai avvicinato al triathlon, non sarebbe quello che è, e aggiungo io, non sarebbe nemmeno sul gradino più alto del podio della sua categoria, la PTS3.

Ultimo giro, Luca l’ho intravisto solo una volta, ed era distante, non so dove siano gli altri concorrenti della mia categoria, vado verso l’arrivo speranzoso, chissà stavolta forse salirò sul podio.

L’arrivo in volata

Mancano circa 300 m. all’arrivo e mentre faccio questi pensieri, mi affianca un atleta di almeno 30 cm. più basso di me, che con un passo molto più corto del mio, ma una frequenza più alta, sviluppa una maggiore velocità.

Decido che voglio resistere, allungo il passo per non lasciarlo andare, lui risponde accelerando, accetto la sfida dell’arrivo in volata rimanendo spalla a spalla con lui, stavolta sono io ad aumentare la velocità.

Trovo le ultime risorse di energia grazie ad un ragionamento, tanto semplice quanto efficace, che mi permette di sconfiggere il cervello e il suo modo di generare ragionamenti che già da un po’ mi avrebbero voluto fermare.

Siamo entrambi al termine della nostra gara, penso, anche lui sarà esausto come me, ma io ho un vantaggio strutturale che non posso ignorare, anzi che devo e voglio utilizzare, le gambe decisamente più lunghe da far girare al massimo per gli ultimi 100 m.

Allungo decisamente la falcata alzando le ginocchia, mi sembra di sentirlo vicino che prova a rispondere ancora per qualche passo, poi  non lo sento più. Avrà capito di non aver speranza, mi dico mentre sono in vista dell’arco d’arrivo, mentre con le ultime risorse di fiato ed energia imprimo l’accelerazione finale.

Taglio il traguardo a braccia alzate, orgoglioso di questa ultima prova di carattere e di forza, mi volto per vedere dov’è e accoglierlo con un high five,  ma con sorpresa noto che non c’è…

Caspita, doveva fare ancora un giro!

Sono contento e soddisfatto, mi rendo conto che in questa gara, più di ogni altra, ho utilizzato al meglio tutte le mie capacità, le risorse fisiche, la testa e il cuore.

Ho spinto al massimo quando dovevo, ma ho anche ragionato e dosato le forze al momento giusto in ogni specialità e ho chiuso mettendo il cuore per trovare le ultime energie disponibili.

Mentre ragiono e prendo fiato sento lo speaker che annuncia l’arrivo di Luca Lunghi, vado ad accoglierlo prima dell’arrivo battendogli un cinque. Siamo avversari in gara ma compagni di vita, ognuno con la sua sfida da vincere.

Nello sport troviamo gli stimoli e le motivazioni per reagire, rialzarci e sorridere alla vita ogni giorno, anche quando picchia duro.

Forse stavolta potrei essere sul podio, chi lo sa, aspetto il momento della classifica mangiando l’ennesimo piatto di trofie, scambiando considerazioni sulla gara con un paio di atleti al nostro gazebo.

P.S. Anche per questa volta niente podio ma la solita medaglia di legno del quarto classificato. Una medaglia che per me vale come l’oro, visto quanto valore ha, per il mio benessere psicofisico, l’allenamento costante che gli obiettivi agonistico-sportivi richiedono.

Confrontando la prestazione con lo scorso anno, una cosa che nel triathlon solitamente non si fa perché i percorsi e le condizioni ambientali difficilmente sono uguali, ma questa volta faccio perchè le due gare mi sono sembrate veramente sovrapponibili, noto che ero stato più veloce di 1 min. e 40 sec.

Risultato 2023

Avevo nuotato più veloce di 17 sec. pedalato più lento di 07 sec. Corso più veloce di 2 min. e 5 sec. E nelle transizioni ero stato più lento di 32 sec.

Insomma più o meno uguale. La differenza, se vogliamo guardarla come stimolo per migliorare, sta tutta nella corsa.

Io tendo a guardarla come conferma di un trend positivo che, come ho scritto nell’ultimo articolo IMPOSSIBILE, NON CI CREDO!  continua a dare il risultato più importante, quello di mantenermi in forma, capace di continuare a sbarrare la porta al PARKINSON.

NON CI FERMERAI!

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