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Parkinson&Sport

DAL BUIO ALLA LUCE. STORIA DI SILENTE E DI QUEI QUATTRO MESI, DA GENNAIO A MAGGIO.

Bike Stories 9° Puntata, Silente

Silente non vuole raccontare della sua malattia, teme le conseguenze per il suo lavoro, che ama da quando ha scelto di farlo, dopo il militare. Come molti di noi con la malattia di Parkinson è diffusa questa tendenza a nascondere la patologia.

 

Oltre al timore di perdere il lavoro, di dover recedere da posizioni di responsabilità, di sentire meno riconosciuta la nostra professionalità e preparazione, con la conseguenza di veder ridotta la retribuzione, insorge la volontà di evitare la compassione, la paura di essere ritenuti disabili e esclusi a priori, il timore di rimanere soli o di dover dipendere dagli altri e di diventare un peso per i nostri familiari.

 

Ma una cosa ho imparato, ascoltando le esperienze delle persone che ho incontrato in questi tre anni: isolandosi e rifiutando la realtà il cammino diventa più duro e buio, mentre condividendo, rimanendo aperti a dare e ricevere, si generano fiducia e determinazione.

 

Ci siamo conosciuti attraverso i social, come quasi tutti i Parkinsonauti con cui sono venuto a contatto in questi anni. Silente è uno dei miei primi coachee, cosi si chiamano le persone che affianco come coach. Abbiamo iniziato a lavorare a fine maggio, e la nostra prima sessione rimarrà scolpita nella storia della mia carriera da coach. Oggi ho l’autorizzazione di raccontarvi perchè.

 

Al primo incontro ho chiesto a Silente di raccontarmi la sua storia. Inizia parlandomi delle paure e delle difficoltà che sta incontrando in questo momento della sua vita, da quando a gennaio ha avuto la diagnosi. Dopo aver visto come, attraverso la crescita personale e lo sport, io affrontavo il problema, aveva deciso che era il momento di reagire, e che voleva farlo insieme a me.

Gli dico che posso accompagnarlo, ma che il lavoro vero è lui a doverlo fare.

 

Nel racconto emerge che c’erano stati altri momenti della sua vita in cui si era trovato in forte difficoltà – e allora gli chiedo di dirmi anche come li ha superati.

Quando nella vita siamo stati in grado di superare un ostacolo o di raggiungere un obiettivo che ci ha messo duramente alla prova, ricordare come ci siamo riusciti è una strategia fondamentale per generare la certezza di potercela fare di nuovo.

Mi racconta di aver vissuto a 14 anni, in modo drammatico, la perdita del papà. Lui figlio unico, da quel giorno del mese di gennaio per quattro mesi si era chiuso nella sua stanza, spesso senza mangiare, rifiutando la realtà e il contatto con chiunque.

 

Toccato dal racconto, gli chiedo come poi ne è uscito. Mi dice che un giorno decise che era venuto il momento di ricominciare a vivere, e lo fece da solo con le sue forze. Ero molto emozionato, rivedevo me a 14 anni e ricordavo come da piccolo fossi spaventato alla sola idea di perdere i miei genitori.

Mentre lo ascoltavo pensavo alla forza che aveva avuto, in quella amara e dura circostanza, ascoltavo e riflettevo, ma inconsciamente stavo unendo i puntini, si erano accesi e li stavo vedendo sempre più chiaramente. 

La mia attenzione ormai era attratta dalle date, gennaio, 4 mesi, maggio!

 

Era da qualche settimana che ci eravamo scambiati i primi messaggi e il percorso che ci aveva portati alla prima sessione di coaching, si era strutturato da solo, come se ci fosse un disegno predeterminato. Gli avevo prospettato delle date possibili e lui aveva scelto proprio quel giorno di fine maggio.

Non poteva essere una coincidenza. Un brivido mi ha attraversato, un batticuore, esattamente come ora che lo scrivo e sto rivivendo quel momento. 

 

A 38 anni di distanza, anche questa volta come allora, a fine maggio, dopo 4 mesi da quando, sempre a gennaio, la vita gli aveva messo di fronte il nuovo ostacolo, il Parkinson, mesi in cui si era perso nelle paure che questo nome aveva generato in lui, aveva deciso di aprire la stanza buia dei suoi pensieri per ricominciare a vivere, e lo stava facendo anche grazie alla mano che io gli stavo offrendo.

 

Da quel giorno, Silente ed io non siamo più solo coach e coachee, siamo diventati amici, in quei giorni anche grazie a lui è nata la “Bike riding for Parkinson Italy 2020” e la squadra dei 10 Parkinsonauti, più una Stella cometa, che avrebbe attraversato l’Italia in bicicletta.

Questo è il profilo che trovate nel sito della “Bike riding for Parkinson’s Italy 2020

 

Silente 52 anni

Parkinsonauta da 6 mesi

Togliamo tutti gli specchi di casa amore mio, io non sono quella persona. Cambiamo indirizzo, io non abito un corpo che non mi riconosce più. Lasciami qui scomparso nella mia vita. Cancelliamo dall’alfabeto la P e la K e dimmi che mi ami, adesso più che mai ho bisogno del tuo abbraccio.

 

Pensi sempre che possa accadere ad altri, poi arriva un giorno e scopri che gli altri sei tu.

Quel giorno di gennaio il medico che mi visita mi comunica la notizia con fare rassegnato, mentre  lo osservo attonito improvvisamente si trasforma in un mostro spaventoso, ho un groppo in gola, vorrei piangere ma ciò che resta della mia dignità me lo impedisce.

 

Da quel giorno la mia vita è cambiata. Non mi vergogno più quando piango, osservo anche le piccole cose quelle a cui avevo sempre dato meno importanza, ora tutto ha un valore e non più un prezzo.

 

Ci sono giorni in cui non vivo la realtà, sono letteralmente perso nei miei pensieri, ed altri che sono un leone. Lentamente sto passando ad un una nuova dimensione, la P la K mi spaventano raramente. Lascio spazio a nuovi pensieri e a nuovi incontri, tra questi ho conosciuto persone che sorridono ed hanno voglia di vita, altre che si innamorano, che lottano ogni giorno. Ce anche chi il Parkinson se lo porta in bicicletta, sulle spalle mentre corre o prova ad annegarlo nuotando, sono i miei nuovi amici Parkinsonauti. 

 

Adesso anch’ io ho scelto di montare in sella, sono pronto a partire per un appassionante viaggio.

Dopo la Bike riding for Parkinson Italy 2020, Silente è:

 

Luce

Come la Luce del sole all’alba che ha illuminato il suo lunedi 7 settembre, quando ci ha raggiunto a Berceto per percorrere con noi la strada fino a Roma.

Come la Luce che illuminava il suo sorriso e i nostri quando, quel giorno, ci siamo incontrati nella piazzetta davanti all’ostello “La casa dei Nonni”

Come la Luce che ora intravede e vuole raggiungere, abbattendo quel muro che per alcuni mesi, lui e le sue paure, avevano eretto sul suo cammino.

Come la Luce che ognuno di noi deve decidere di cercare e accendere, per ritrovare la felicità, nei giorni in cui i suoi occhi vedono solo buio.

Ecco la sua testimonianza di ritorno dal viaggio.

 

Ho imparato a volare
Durate il viaggio i miei compagni mi hanno insegnato a volare, non tra le nuvole ad alta quota ma sulla terra ferma, ho imparato ad assaporare il profumo della felicità .
Ho imparato a riconoscere l’emozione negli occhi di chi al mio fianco sconfiggeva la fatica e le difficoltà.
Ho imparato che la vita va coccolata anche quando ti volta le spalle e tutto sembra perso.
Nel nostro  viaggio sulla via Francigena tante volte ho girato la sguardo  per gustare gli splendidi paesaggi che abbiamo attraversato, ho pianto e riso ed ho condiviso la cosa più importante; il coraggio di non arrendersi mai.
Grazie amici vi voglio bene.

 

Di seguito trovate tutta l’intervista di “Prendo la levo e arrivo” alle 21 dopo cena, di giovedì 3 dicembre, a Silente condotta da Stefano Ghidotti e Samantha Vizentin.

https://youtu.be/OcPHtfDE0jw

Arrivederci alla 10° puntata delle “Bike Stories” la prossima settimana.

 

Dal mese di Novembre le interviste di “Prendo la levo e arrivo” non sono più a colazione ma ogni giovedì alle 21, dopo cena.

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