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Parkinson&Sport

LA MIA VITA CON MR. PARK | PRIMA PARTE – di Roberto Russo

Hai freddo? No ho il Parkinson

Mi chiamo Roberto Russo, ho 51 anni, di origine siciliana ma vivo da 34 anni in un paesino nella provincia di Brescia, Calvagese della Riviera, in una delle tante notti d’insonnia ho deciso di condividere con voi il racconto di quello che la vita mi ha riservato.

Era un periodo di forte stress da lavoro, gestivo da dieci anni un distributore di benzina, mi ero sposato da poco per la seconda volta, avevo un lavoro che mi piaceva e praticavo lo sport che amavo, la mountain bike.

Adoravo pedalare, facevo moltissimi Km. senza stancarmi, finché un bel giorno mi accorsi che qualcosa non andava.

Pedalare era diventato più faticoso, avevo la sensazione che il braccio destro fosse diventato pesante, come una trave, mentre l’arto inferiore destro, in rilassamento, tremava.

Ne parlai con il mio medico che mi consigliò di fare una visita neurologica.

L’ospite indesiderato, Mr.Parkinson

Tutto ebbe inizio il 22 maggio del 2012, a quattro giorni dal mio compleanno, che speravo di festeggiare con gioia.

Andai alla visita tranquillamente, non mi sarei mai aspettato che quel giorno il neurologo mi diagnosticasse la sindrome giovanile di Parkinson.

Potete immaginare il mio stato d’animo… Una patologia neurodegenerativa come questa è sempre una tragedia, a 44 anni lo è ancora di più.

Entrai in una profonda crisi depressiva che in due anni mi fece perdere, dapprima la mia famiglia e a seguire il lavoro, causando un forte dissesto economico e l’aggravamento della depressione.

Non ero più in me, ne parlai con i miei familiari e decisi di tornare in Sicilia, sperando che qualcosa cambiasse.

Più passava il tempo più i disagi e i problemi aumentavano, dal semplice scrivere una frase a prendermi cura di me nella quotidianità.

Fare una semplice passeggiata era diventato difficile, perdevo spesso l’equilibrio rischiando di cadere, ed anche comunicare era complicato.

Mi ero spento, avevo perso del tutto la stima di me stesso, rifiutavo di conoscere persone nuove e mi vergognavo nel mostrare quanto la malattia mi aveva tolto, non avevo più una vita sociale.

Ogni volta che provavo ad uscire da solo mi venivano attacchi di panico e ansia, non riuscivo ad accettare la mia malattia.

Passavo molto del mio tempo rinchiuso in casa insieme al mio nuovo compagno Simon, un dolcissimo piccolo incrocio tra un labrador e un levriero, preso in un canile nelle vicinanze di Termini Imerese.

Simon il mio bellissimo angelo gigante!

La goccia che fece traboccare il vaso, il ritiro della patente di guida nel 2018

La mia mamma era diventata la mia guardia del corpo, delegavo a lei ogni cosa, da una semplice telefonata a qualsiasi commissione, mi sentivo una larva.

Si, la mia mamma, una donna fantastica determinata a fare tutto per il mio bene! Senza di lei non so proprio come avrei potuto farcela, ancora oggi è la mia prima sostenitrice in tutto.

Tutto questo durò due anni.

Quando decisi di ritornare al nord, nel mio paese di adozione, Mamma non era per nulla entusiasta, volevo spiegarle le mie scelte, dirle ciò che sentivo, aprire il  mio cuore.

La vedevo sempre preoccupata e rattristata, ma non trovavo il coraggio e le parole, e il tempo che passava ci allontanava.

Mamma Rosa in compagnia di suo fratello

Decisi di scriverle una lettera

Cara Mamma,

ti scrivo perché non trovo il coraggio di esprimere i miei sentimenti più profondi senza emozionarmi troppo e so che questo mi impedirebbe di parlarti come vorrei.

Ci sto provando, credimi, ma non sono in grado di esprimere tutto ciò che prova il mio cuore quando penso a te. Sei una grande donna piena di titoli dei quali ti vanti, tanto forte da potere tutto, specialmente quando qualcosa minaccia la felicità delle persone che ami.

Il nostro rapporto non è mai stato di abbracci e baci, ne di grandi confidenze o di grande dialogo.

Io, i miei pensieri li tengo segreti davanti a te e forse nemmeno so il motivo, ma non è colpa tua mamma credimi.

Ti chiedo scusa per ogni volta che ti ho allontanata dai i miei segreti nonostante fossi tuo figlio.

Non ci siamo mai detti ti voglio bene, ma tu in ogni momento che ti ho chiesto aiuto me lo hai dimostrato con i fatti e con la tua presenza.

Io invece non sono mai riuscito a dirtelo ne a dimostratelo, anzi, ti ho spesso trattato male e di questo ti chiedo scusa.

Ogni volta che ho provato a dimostrarti il mio affetto mi vergognavo, ora non voglio più aspettare, ma non essendo capace di farlo di persona te lo scrivo.

Ti voglio bene. Ti Amo

A te, che sei la forza della natura capace di affrontate tutto. A te che sei sempre stata dalla mia parte ogni volta  che litigavo con mio fratello, nonostante la mia testa dura e i miei super difetti. Ci sto male tanto quando ci litigo  perché gli voglio bene e sicuramente ho sbagliato anche con lui.

A te che ogni volta che cado sei sempre li a tirarmi su di morale, a darmi la forza di rialzarmi, anche in questo momento della mia vita, dove il destino mi ha regalato una brutta compagnia: “Mister Parkinson”.

A  te  che sei il sole che illumina le mie giornate buie e cupe.

A te che in questa vita hai subito sofferenze e da queste hai maturato una grande forza.

A te dico grazie per i rimproveri e i consigli, che purtroppo, non ho mai saputo accettare.

Non finirò mai di ringraziarti per avermi salvato, è come se tu mi avessi fatto nascere di nuovo, ogni volta che mi hai aiutato.

Ed ora con il cuore in mano, cara mamma, ti chiedo ancora aiuto.

Ho bisogno di te ancora, avrò sempre bisogno di te, di sentirti vicina, ma questa volta mamma l’aiuto che ti chiedo è diverso, ho bisogno che tu capisca che devo riprendere in mano seriamente la mia vita, lo devo a me stesso e alle persone che mi vogliono bene.

Devo imparare a prendermi cura di me autonomamente e so che ce la posso fare, ma so anche che ce la posso fare se ti ho comunque al mio fianco e tifare per me, a darmi il sostegno per iniziare questo cammino che sento ormai indispensabile per me.

Ho deciso di tornare a casa mia e pian piano ricominciare a vivere, non sarà facile ma ci devo provare mamma, perdonami ma devo andare.

Adesso devo rialzarmi, devo riprendere la mia strada e ho capito che la mia vita non è in Sicilia, voglio ritornare a casa mia.

So che questa mia decisione ti farà soffrire… ma devo farlo perché qui non sarei felice.  Perdonami se puoi.

Ti voglio bene Mamma Rosa.

Roberto.

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