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Parkinson&Sport

VIETATO DIRE: NON CE LA FACCIO

Un’espressione banale come NON CE LA FACCIO ha il potere di impedire alle persone di realizzare i propri sogni, è il blocco mentale che usiamo per convincerci a mollare.

E SE CE LA FACESSI? è la domanda che possiamo farci per immaginare cosa accadrebbe di bello e importante in quel momento, per poi cambiare il nostro modo di  pensare iniziando a dire LO VOGLIO FARE! e per passare all’azione dicendo LO FACCIO!

 

Ne ho avuto la prova personalmente in quest’ultimo periodo 3 volte, l’ultima ieri mattina e voglio raccontarvele tutte, perché ancora una volta ho capito che la differenza tra il farcela e non farcela riguarda in primo luogo la nostra convinzione e le motivazioni che ci spingono a fare ciò che necessario per raggiungere l’obiettivo.

 

Quando il perché è forte, il come si trova sempre.

La mia condizione fisica atletica è nel punto più basso da tre anni a questa parte, il lockdown per il COVID-19, la mancanza di obiettivi nel triathlon legata alla cancellazione di quasi tutte le gare in programma, gli impegni per l’organizzazione della “Bike riding for Parkinson Italy 2020”, hanno dimezzato i miei allenamenti settimanali.

Da 7/9 allenamenti dei momenti migliori sono arrivato a farne 2/4, le le mie prestazioni sono drasticamente cambiate e i sintomi correlati alla malattia più evidenti.

 

Le ultime 2 settimane sono state ancora più avare di movimento, tra l’organizzazione della festa, gli aspetti legati alla comunicazione, la raccolta di patrocini e sponsor mi hanno incollato alla sedia davanti al computer per giornate intere. Solo pensare di uscire a correre o in bicicletta, in questo periodo, è diventato faticoso anche per me che dovrei essere allenato sia fisicamente che mentalmente.

Nei giorni scorsi mentre ero in viaggio con Roberto Russo gli ho confessato che la mia preparazione attuale mi consentirebbe di fare forse la metà delle 17 tappe.

 

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Questa mattina sono rimontato in bici dopo cinque giorni, obiettivo il giro del lago di ISEO, 80 km con poco dislivello, più o meno 3 ore di bicicletta, cosa mai fatta prima in solitaria, pedalare sempre con il vento in faccia è il 20/30% più faticoso che stare in gruppo. Niente di impossibile, ma in questa fase di forma, una prova dura, tant’è vero che l’ho affrontata dicendomi: “Non importa quanto ci metterai e quante volte ti fermerai, devi arrivare in fondo”.

 

Invece di aumentare le difficoltà pensando alla totalità dell’impegno, in partenza ho diviso mentalmente in tratti più piccoli il percorso.

Ciò che è successo invece, come spesso accade, è che mentre pedalavo ho trovato energie che non pensavo di avere, non ho avuto bisogno di fare tutte le fermate che avevo messo in preventivo e anche la mia velocità media è stata sopra le aspettative.

 

Insomma le difficoltà immaginate erano solo convinzioni sbagliate, di quelle che sono quasi sempre alla base delle nostre rinunce e che ci fanno dire: NON CE LA FACCIO.

Ancora una volta ho capito che lui non mi fermerà finché io non vorrò farmi fermare, il mio perchè è forte, e finchè posso decido io.

 

Quando lasciamo campo libero a Mr. Park perdiamo sempre.

La seconda esperienza che voglio raccontare mi è capitata lunedi 10 agosto, dopo la fantastica festa di giovedi. Per organizzarla avevo lavorato molto duramente per 2 settimane fino al giorno dell’evento, iniziato alle 5,30 del mattino e terminato alle 2,30 della notte, senza un attimo di tregua né di cedimento.

E qui torniamo al quando il perché è forte, il come si trova sempre. 

 

Il lunedi, Massimo Plebani di MYM Group uno dei maggiori artefici del successo del nostro evento, ha organizzato una festa di compleanno, tra le persone invitate c’erano molti amici che avevano partecipato anche il giovedì dove mi avevano trovato in piena forma.

 

Il recupero dopo la festa era stato lungo, lunedì era partito abbastanza bene, con un’uscita in bicicletta mattutina e un po’ di lavoro da odontotecnico. Poi il pomeriggio, durante il lavoro con Daniela per l’associazione, si era complicato, d’un tratto mi sentivo molle, rallentato, con molta difficoltà a parlare e a muovermi con scioltezza, succede a volte.

Nonostante questo non volevo rinunciare alla festa. Un’ amica è passata a prendermi e quando siamo arrivati le mie difficoltà erano aumentate, ero un’altra persona rispetto a giovedì, faticavo a relazionarmi ero assente e poco comunicativo.

 

Stavo lasciando prendere il sopravvento a Mr. Park, non reagivo, anzi la situazione in cui mi trovavo era quasi piacevole, era un modo per mostrare cosa voleva dire avere questa malattia.

Mi rendevo conto che i miei amici erano sensibili al mio disagio e avrebbero fatto tutto il possibile per aiutarmi, in qualche modo mi sentivo importante, ero il Re della serata.

Questo per una mezz’ora mi ha fatto vivere una sensazione che non avevo mai sperimentato prima.

 

E4E890BE-FD46-4E9A-B00D-843F460570F3_1_201_aDopo una mezz’ora ho capito che si ero il Re, ma il Re triste.

Quello che stava capitando avrebbe condizionato la serata a me ed anche alle persone intorno a me, stavo perdendo un’occasione per stare bene con gli amici e divertirmi.

Mi era capitata un cosa simile qualche settimana prima, non avevo capito, ho lasciato che succedesse senza provare a reagire e il risultato era stato molto spiacevole per me e per chi era con me.

Mi sono allontanato per stare solo e lavorare su di me, per modificare il mio stato d’animo, volevo tornare alla festa con il sorriso sulle labbra e la voglia di stare bene con gli altri come atteggiamento, e ho deciso che lo avrei fatto nonostante non fossi al meglio.

 

Come per l’allenamento in bicicletta, la stessa cosa è successa quella sera: essere passato all’azione magicamente ha ribaltato la situazione, aver reagito mi ha dato un risultato che nemmeno io sapevo di poter ottenere.

 

Ho avuto la meglio sui sintomi del pomeriggio, ho deciso di vivere la festa con il giusto atteggiamento e cosi è stato, da quel momento ho scherzato mangiato e anche un po’ bevuto, ballato e cantato come se lui non ci fosse.

 

Questa è un’altra delle strategie imparato negli ultimi anni: sentirsi come se è un modo per essere come se.

Quella sera ho vissuto un esperienza nuova e illuminante, ho capito ancora una volta di più che, utilizzando al meglio quell’arma potentissima che è la nostra mente, posso fare fare la differenza tra subire o reagire, soccombere o vincere la battaglia.

 

Poi l’ho visto succedere a un’amica

Valeria Bastoncelli , è un’amica scrittrice, fotografa, pilota di rally, mamma e Parkinsonauta, una abituata ad esprimere le proprie emozioni.

La scorsa settimana ha organizzato la presentazione del suo nuovo libro, a cui ho avuto il piacere di partecipare, un evento riuscitissimo che ha richiesto tanto impegno da parte sua.

 

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Eravamo in tanti amici arrivati da ogni parte d’Italia per abbracciarla, ascoltare la sua testimonianza e passare una magica serata in un posto splendido, il Giardino della Pieve Relais di Cascina, PI

Tutto era pronto, la serata era perfetta, Valeria era bellissima nel suo vestito nero e oro, solo una cosa non stava funzionando, il suo stato d’animo.

Con le lacrime agli occhi e le gambe totalmente bloccate ripeteva a nastro NON CE LA FACCIO.

 

Aveva già rinunciato a indossare dei luccicanti e vertiginosi sandali tacco 12 color oro, e con quella convinzione si stava preparando a non farcela veramente. Perchè è cosi, quando orienti il tuo pensiero verso un risultato negativo è difficile che succeda il contrario.

Non puoi vincere se entri in campo pensando di perdere.

Poi è andato tutto bene, tra il momento difficile di Valeria e il suo intervento, abbiamo  fatto una chiacchierata, bevuto un calice di prosecco, anche se lei è astemia, e abbiamo cenato in compagnia. Ho chiesto a Valeria di raccontarci le sue sensazioni, e come ha superato l’ostacolo

.

 

“Come si cambia? Ci vuole poco a trasformare un NON CE LA FACCIO in LO FACCIO, serve aver forte e chiara la motivazione e agire di conseguenza. Lo stress e la stanchezza accumulati nei giorni precedenti si erano improvvisamente trasformati in ansia, che saliva dallo stomaco e fuoriusciva dagli occhi e dalla bocca sotto forma di lacrime e parole, NON CE LA FACCIO, ripetevo a tutti. 

 

La paura del vuoto di memoria, di deludere tutte le persone che avevano fatto km per me mi aveva messo in agitazione, più pensavo di non farcela più mi agitavo e la paura diventava più grande, il respiro era corto e le gambe di legno, volevo scomparire.

 

Poi da qualche parte è arrivata una domanda: perchè siamo qui Valeria? Siamo qui per te e ti vogliamo bene!

Qualche minuto di respirazione, una mano sulla spalla, un abbraccio affettuoso, un sorriso di un amico e un prosecco doc, mi hanno shakerato, smosso, ero tra amici, nulla poteva andare male, mi bastava essere me stessa, mi sentivo amata ed ero pronta a ricambiare quell’amore con tutta me stessa, d’improvviso volevo farcela.

 

Per me e per i miei amici mi sono detta: CE LA FACCIO! Stanchezza, paura, ansia ed anche la rigidità dovuta al Parkinson erano scomparsi. Avevo vinto io.

Ora parte la concentrazione per la BIKE FOR PARKINSON’S ITALY 2020. 10 PARKINSONAUTI, 17 tappe, 9 giorni, 790 chilometri.

Quanti momenti no ci saranno? Tanti. Tutti i giorni. Ma sappiamo come fare.

Sarà la nostra grande sfida al NON CE LA FACCIO. 

 

 

 

 

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