Perché facciamo più fatica? La spesa energetica e il Parkinson.
Ringrazio l’amico Edoardo Leotta che a luglio ha tradotto e commentato questo interessante articolo sul suo blog Dopaminoagonista
LA SPESA ENERGETICA PER I PARKINSONIANI
Interessante questo articolo pubblicato un anno fa da un team di ricerca israeliano del Hadassah Medical Center di Gerusalemme.
Non si tratta del solito studio sull’importanza dell’esercizio fisico per i parkinsoniani. Affronta invece un tema finora piuttosto trascurato, ossia la differente spesa energetica richiesta, in varie situazioni, per soggetti sani e per malati di Parkinson.
I ricercatori hanno selezionato un gruppo di volontari il più omogeneo possibile (dieci maschi con malattia di Parkinson in fase iniziale, ancora senza alcuna terapia dopaminergica in atto), e un gruppo di controllo conforme per età, struttura corporea, livello di attività fisica, etc, in modo da ridurre al minimo i possibili fattori di variabilità.
Per calcolare il dispendio energetico necessario per compiere attività ad intensità differenti, è stato misurato il consumo di ossigeno (VO2) in quattro diverse situazioni: a riposo, in posizione seduta con la schiena eretta senza supporto, durante l’allenamento con la cyclette a pedalata libera e con un carico di 40W.
In particolare l’esperimento, per come è stato progettato, consente di rilevare una differenza nel dispendio energetico fra i due gruppi non inferiore al 20%.
Mentre a riposo il consumo di energia è risultato simile tra i due gruppi, l’incremento del dispendio energetico conseguente all’aumento dell’attività fisica tende ad essere più marcato nei malati di Parkinson già durante il semplice mantenimento della postura col tronco eretto.
Durante l’esercizio aerobico poi, anche a lieve intensità, la differenza emerge in maniera ancora più evidente:
In chiusura dell’articolo vengono proposte anche alcune possibili spiegazioni per giustificare la maggiore spesa energetica osservata nei parkinsoniani.
Innanzitutto dato che l’energia consumata per un determinato carico di lavoro riflette l’efficienza dei muscoli, il test evidenzierebbe una minore efficienza energetica muscolare nei malati di Parkinson.
Visto che il consumo di energia dei muscoli è regolato in gran parte dai mitocondri presenti nel tessuto muscolare, i risultati supportano la tesi secondo cui gli enzimi della catena respiratoria mitocondriale abbiano un’attività ridotta a causa del Parkinson (da precedenti studi non è chiaro se vi sia una compromissione della funzione mitocondriale nei muscoli dei parkinsoniani).
Un’altra possibilità è che l’efficienza energetica nel Parkinson sia normale, e che semplicemente rigidità muscolare, distonie e discinesie creino un carico aggiuntivo per i muscoli attivi (anche se non è risultata alcuna correlazione tra VO2 consumato e gravità dei sintomi del Parkinson).
Viene infine osservato che l’aumento del dispendio energetico – limitato allo stato attivo – possa essere uno dei fattori che contribuiscono alla perdita di peso osservata nei pazienti parkinsoniani nelle prime fasi della malattia.
Mi ero sempre chiesto se il Parkinson, anche nelle prime fasi, giocasse un ruolo nella possibilità di ottenere determinate performance nella corsa, e in quale misura.
A parità di altri fattori, il 20% in più di spesa energetica è un valore enorme, che mi fa riflettere seriamente.
C’è da dire però che io corro sempre solamente dopo l’assunzione di levodopa. Nel mio caso quindi il maggior dispendio energetico riguarda invece tutte le altre normali attività quotidiane compiute nei periodi OFF, cioè nei momenti della giornata in cui non sono sotto l’effetto della levodopa perché lontano dall’orario di assunzione del farmaco.
Questo aumento prolungato del consumo di energia richiesto dai muscoli per svolgere qualsiasi attività è per me un sintomo chiaramente percepito sotto forma di fatica spropositata nel compiere i normali gesti quotidiani. E spesso si trasforma, soprattutto alla sera, in profonda stanchezza psicofisica.
Stanchezza che andrebbe smaltita con un riposo adeguato, cioè anch’esso aumentato in maniera proporzionale rispetto alla media dei soggetti sani.
Altrimenti diventa cronica e, oltre a generare stress e a compromettere la qualità della vita, pregiudica la possibilità di correre o svolgere un’altra attività fisica intensa in maniera efficace, ed aumenta il rischio di infortuni.
Margaliot Kalifa T., Ziv N, Bergman H., Nusair S., Arkadir D. – Increased energy expenditure during posture maintenance and exercise in early Parkinson disease – Health Sci Rep. 2018;1:e14. https://doi.org/10.1002/hsr2.14
Grazie Edoardo, complimenti per la tua preparazione scientifica su argomenti che ci interessano moltissimo e i tuoi commenti mi danno una serie di spunti su cui riflettere.
La fatica nella corsa negli ultimi mesi si fa sentire più di prima, nonostante mi stia allenando più continuativamente ormai da gennaio, con programmi personalizzati, seguito da un coach e controllato da strumenti, prima, durante e dopo.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=gr5ZUIJQz0g&w=560&h=315]
Anch’io corro quasi sempre in orari vicini all’assunzione di dopamina, nonostante ciò le gambe sono più legnose e rispondono meno ai miei comandi, per non parlare del mio braccio sinistro che sembra essere dimenticato dal mio cervello.
Compenso il tutto con molta forza di volontà, che deriva anche da un percorso importante di mental coaching, dove ho appreso tecniche e strategie per motivarmi e non ascoltare il mio cervello e i suoi soldati sabotatori.
Nonostante questa ricerca provi che facciamo più fatica, non lasceremo che il Parkinson ci fermi! Per questo Edoardo ti aspetto a Milano alla mezza maratona per farci una lunga sgambata in compagnia.
Alfonso
Giusta analisi, anche io sto passando periodi in cui non mi sento in forma,ho il Park da 4 anni e non prendo ancora la levodopa. Nonostante gli allenamenti stento a riprendermi, e pensare che l’anno scorso ho preparato e fatto una maratona seguito da un allenatore.